Uno dei possibili scenari in cui l’attacco di panico può colpire è al ristorante, quindi in presenza degli altri. Solitamente in questo caso quello che ci succede, anche se non possiamo non rendercene conto, è che temiamo in qualche modo il giudizio degli altri.
Perché gli attacchi di panico, in alcuni casi colpiscono esclusivamente al ristorante? Lo stesso tipo di situazione è rappresentata in tutti i luoghi in cui si mangia, non solo al ristorante, ma anche a casa di altre persone, o anche a casa nostra, ma in presenza di persone che non frequentiamo tutti i giorni. Quindi un fattore è legato al cibo e uno alla presenza degli altri. Cerchiamo spesso persone che ci fanno sentire a nostro agio e cerchiamo di allontanare gli altri. Possono essere i nostri suoceri, colleghi di lavoro. C’è sempre qualcosa, nelle persone che cerchiamo di tenere lontano, che ci mette a disagio, come il timore di essere giudicati. Ma non sempre il timore del giudizio è palese. A volte quello che temiamo è che non ci apprezzino per quello che siamo, la qual cosa è problematica per noi nella misura in cui inconsciamente associamo ciò che queste persone rappresentano a delle persone significative nella nostra vita, solitamente i nostri genitori.
A volte sento dire: “Mi capita con il mio ragazzo / la mia ragazza, ma sento che mi accetta completamente, quindi non ho paura del suo giudizio, solo non voglio rovinare la serata a entrambi.” Questo tipo di spiegazione dunque sottintende un senso di colpa. Vuol dire che il soggetto in realtà non si sente accettato in toto, in quanto una parte di sé, cioè il soggetto stesso nel momento in cui ha il sintomo, la percepisce come reietta, negativa, al minimo guastafeste. Quindi il soggetto si sente inadeguato (in quanto il sintomo fa parte di sé) e sa che se questa inadeguatezza venisse fuori il partner non sarebbe contento (si rovinerebbe la serata). Di conseguenza nell’enunciato del soggetto ci sono diverse incoerenze.
Tuttavia spesso noto che il soggetto, almeno prima di iniziare un percorso di psicoterapia, tende quasi sempre a identificare il sintomo come altro da sé. In altre parole dice: “La mia vita andava bene, io stavo benissimo prima che arrivasse il sintomo che mi fa comportare come io non sono”. Ma nell’enunciare questo, il soggetto trascura di considerare un punto fondamentale quanto ovvio. È il soggetto stesso, nient’altro, che produce il comportamento (la paura, l’ansia), seppure non volendo. Il fatto è che non ci si riconosce più nel nuovo ruolo, e si tende a dissociarsi dall’angoscia.
In questi casi, riconoscere che il problema è dentro di noi, che il sintomo siamo, in qualche modo, noi stessi è il primo passo per interpretare, a livello cosciente, quello che ci capita come, ad esempio, la paura di essere inadeguati.
Sono abbastanza d’accordo con quanto detto nell’articolo. Ma volevo aggiungere una cosa. A capita spesso che un attacco di panico mi venga prima e non durante una cena in un ristorante. Per esempio se devo andare a cena con il mio ragazzo, appena lui mi dice al telefono che vorrebbe andare in un posto, già comincia a venirmi da vomitare, e posso assicurare che lo stimolo non è solo psicologico, ho vomitato sul serio un sacco di volte.